giovedì 23 giugno 2016

Anna Achmatova e i tortelli di San Giovanni



Il mitico compleanno di Anna Achmatova

«E io sono nata, peraltro, come ci si doveva aspettare, nella notte di San Giovanni, tra il 23 e il 24 giugno» (Taccuini)

Anna Achmatova nacque l'11 giugno 1889, secondo il vecchio stile, il calendario giuliano, usato tuttora dalla Chiesa Ortodossa. Quel giorno si festeggiano i Santi Apostoli Bartolomeo e Barnaba. Santi rispettabili, certo, ma poco poetici.
Ma Anna Andreevna non si lascia scoraggiare da ininfluenti particolari e si ritaglia su misura il compleanno giusto, la notte di San Giovanni, notte di malie, incantesimi e vaghe promesse di fecondo futuro. Perché, se tramutiamo l'11 giugno dell'Ottocento nel calendario gregoriano, risulta proprio il 23 giugno. Poco importa se le feste religiose seguono sempre il calendario giuliano e quindi quella di San Giovanni cade tra il 6 e il 7 luglio. Licenza poetica: il poeta si forgia da sé la propria biografia, infilando la propria immaginazione come un coltellino che fa forza e allarga una fessura del tempo, nelle pieghe e nelle incongruenze dei calendari.

La festa di San Giovanni è speciale in tutte le tradizioni, non per niente se n'è impossessata anche la massoneria. E' una festa che risulta da una complessa stratificazione nel processo di cristianizzazione. In Russia il giorno di Giovanni il Battista si incrosta sulla antica festa slava dedicata al dio pagano Kupala, la notte più breve dell'anno. Notte di riti e sortilegi, legati ai principi primi della materia, l'acqua, il fuoco e le erbe (non per niente anche a Parma si fanno i tortelli alle erbette, che devono essere irrorati della rugiada di questa notte, tanto benifica).
Bagni rituali (ma a volte pericolosi, perché nella notte si svegliano anche le forze impure) rivisti poi nel Battesimo del Battista, falò purificatori, attorno a cui si danza e si salta, erbe curative, potenziate dalla rugiada e utili a scacciare demoni e malattie.

E, infatti, la fattucchiera Achmatova riempie le sue poesie di erbette ed erbacce: basta gigli, rose e viole, è il momento di bardane, convolvolo e ortiche. Lo aveva capito fin dall'inizio Cvetaeva, che Anna era una strega, una Cassandra veggente che strologava sventure.

O musa del pianto, la più bella tra le muse!
O tu, rampollo forsennato della notte bianca!
Tu scagli una nera tormenta sulla Russia,
e le tue grida ci trafiggono come frecce.

E noi ci scansiamo, e un sordo “Oh!”
Centomila volte ripetuto, leva a te giuramento, Anna
Achmatova! questo nome è un enorme sospiro,
E cade nel profondo senza nome.

Per noi è un privilegio calpestare
la tua stessa terra, lo stesso cielo sopra di noi!
E colui che è stato ferito dal tuo destino di mortale
si avvia già immortale al suo letto di morte.

Nella mia città che canta le cupole sono in fiamme,
il vagabondo cieco loda il Santo Salvatore...
E io ti faccio dono della mia città di campane,
Achmatova! E il mio cuore in sovrappiù.

Marina Cvetaeva, 1916

Nessun commento:

Posta un commento